18 nov 2012

HELPLESS

Le stesse voci di quelli che vivono nella nostra epoca ci rivelano la devianza di uno Stato che è avvezzo a silenziare il dissenso col discredito, colla forza e con qualsiasi altro mezzo utile a mantenere lo status quo. I nuovi gerarchi come i vecchi. Il popolo non ha potere: dissentire è un crimine. 

La struttura sociale moderna, tesa a garantire l'efficienza e l'efficacia della organizzazione umana e quindi un elevato livello di progresso economico, si basa in gran parte sulla categorizzazione delle attività e sulle loro reciproche interazioni. Nelle varie epoche della società moderna queste categorie a volte sono cambiate, alcune, prima prevalenti sono diventate secondarie e viceversa, altre sono scomparse e altre ancora sono nate ex novo. 

Così in un recente passato, quando la nostra economia era prevalentemente agricola la categoria predominante era quella degli agricoltori con tutte quelle ad essa collegate: mezzadri, allevatori, artigiani, ecc. Successivamente quando siamo passati da una economia in massima parte agricola ad una economia industriale ecco che la categoria operaia diventa prevalente con tutti i cambiamenti culturali e organizzativi conseguenti.

Oggi l'evoluzione dell'economia ci ha portato in un mondo terziarizzato dove la finanza, la grande distribuzione, il commercio in tutte le sue forme e il conseguente consumismo, tutte quelle attività terziarizzate (banche, assicurazioni, supermercati) la fanno da padrone. Questa evoluzione che ci ha finora garantito un costante e progressivo benessere collettivo si è interrotta e sta procedendo a ritroso. Il motivo è che attualmente siamo ad una ulteriore svolta caratterizzata da un'esasperata interazione delle varie realtà nazionali chiamata "globalizzazione" che vede l'accesso ai consumi di massa dei cosiddetti paesi emergenti fino a poco fa chiamati "terzo mondo" e la creazione di un unico grande mercato globale.

Molti governi nazionali avevano capito in tempo cosa si stava preparando ed avevano approntato in tempo necessari adeguamenti politico-economici, una diversa organizzazione del lavoro ed una snella e rapida burocrazia nell'ottica di un sano social-capitalismo. Ma alcuni paesi si sono fatti trovare impreparati (sopratutto i paesi del sud europa) e invece di provvedere ad adeguare il comparto sociale alle nuove necessità hanno preferito perseguire, intravedendo la possibilità di giganteschi spostamenti di ricchezza, gli interessi di grandi gruppi di potere, di lobbies, di organizzazioni private capitaliste, della grande finanza nazionale ed internazionale. 

Questo ha creato una gestione dell'apparato sociale con criteri prevalentemente nepotistici e familistici e il conseguente degrado nella qualità dei managers pubblici e privati scelti non certamente per i loro meriti ma esclusivamente per le loro aderenze politiche e quindi un generale calo nella qualità della gestione della cosa pubblica. Si affaccia di conseguenza sulla scena della realtà nazionale una nuova e sempre più numerosa categoria, la categoria degli indifesi, quella che possiamo chiamare, in ossequio all'anglo-becero di gran moda presso la gran parte dei nostri ministri e viceministri, l'esercito degli "helpless". 

Chi sono costoro? Sono tanti, sono dappertutto, ogni famiglia italiana ne ha più di uno, sono coloro che sono rimasti "fuori dai giochi" perchè non possono contare su un protettore di potere, uno sponsor politico, sono coloro che, poveri illusi, contavano solamente sulla loro preparazione, capacità ed esperienza. Sono gli esodati (cioè i presi in giro da una sciagurata riforma del lavoro), i cassaintegrati, i lavoratori precari, i lavoratori in nero, gli imprenditori falliti per via delle tasse sempre più esose, i negozianti rimasti senza clienti per via del calo dei consumi, i piccoli e grandi artigiani senza più commesse.Sono i disoccupati ormai endemici senza speranza e senza prospettive e che rappresentano circa il 10% della gente e addirittura il 35% dei giovani. 

Tutti costoro, e parlo di una parte cospicua della popolazione, sono gli "helpless", gli indifesi, quelli che il governo dovrebbe aiutare e mettere in sicurezza perchè rappresentano il meglio della popolazione, la sua parte più onesta e capace e che andrebbe aiutata non a chiacchere ma con fatti e azioni adeguate.

Difendiamo gli indifesi, ha detto un noto uomo politico di cui non faccio il nome concludendo uno dei tanti talk-show ai quali aveva partecipato , e l'intenzione è certamente lodevole, peccato che subito dopo,sul medesimo schermo, ho visto le scene bestiali della repressione effettuata a suon di manganello dalle forze di polizia sui nostri giovani scesi giustamente in piazza nelle principali città italiane per reclamare ciò che gli sarebbe dovuto. Scene d'una brutalità inaudita, bastonate crudeli e cieche somministrate a ragazzi inermi che avevano solo il torto di protestare, di urlare ai potenti di turno il loro sdegno,lo sdegno di tutti, lo sdegno della nazione. Difendiamo gli indifesi. Ma che frase è, è forse uno scherzo? 

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