25 giu 2012

COSTUMI DA BAGNO

Ovvero "abitudini da spiaggia" che si possono riassumere nella propensione dei miei simili ad ammucchiarsi in numero spropositato nei pochi e ristretti spazi che le insapienti amministrazioni comunali denominano "spiagge ibere". Libere.....ma da che?

Forse esistono a mia insaputa luoghi denominati "spiagge occupate"? Ci sono altresì, nei nostri litorali, sterminati spazi scarsamente frequentati dove avidi gestori di maleattrezzati siti, pomposamente denominati "stabilimenti balneari", taglieggiano i loro rassegnati clienti.

Siamo un paese dove l'estensione dei litorali è enorme e dove purtuttavia l'accesso ai medesimi è spesso soggetto a balzelli e esborsi vari, maltollerati dalle autorità e che invece salvaguardano esclusivamente gli interessi economici della lobby dei gestori delle spiagge (per definizione ma molto teoricamente) pubbliche. 

Ma torniamo ai coefficenti di affollamento delle nostre cosidette spiagge libere: mai come quest'anno avevo notato la loro elevata frequentazione, segno evidente di una pubblica necessità di disporre di spazi gratuiti ma sopratutto segno evidente di una inversione di tendenza nella gestione  delle economie  familiari.

Siamo passati da un'economia dell'abbondanza ad una economia della scarsità e quindi  in un'ottica di carenza di beni di consumo, salari, capitali e risparmi occorre calibrare i consumi e le abitudini di vita in modo tale da non esaurire rapidamente le risorse disponibili. La "scienza della scarsità" assume significati e implicazioni nuove, decisioni che non sono solo individuali ma anche collettive.La crisi finanziaria sta spingendo molte persone a interrogarsi su aspetti fondamentali dell’economia e, in particolare, sulle relazioni tra questa, la realtà sociale che viviamo e quella in cui vorremmo vivere. Mutano i rapporti di forze tra le classi sociali, tra le generazioni.

Fare sacrifici: gli scenari che si vanno configurando per l'Italia, come per gran parte del mondo che fino a oggi abbiamo definito "ricco", sono caratterizzati da politiche di rigore fiscale e austerità nelle spese e nei consumi e sempre più spesso si parla di sacrifici, di "lacrime e sangue". Oggi le aspettative sociali non sono più quelle "crescenti" di una volta ma sono diventate drammaticamente "calanti" e richiedono che l'area del sociale, quell'area cioè di fruizione pubblica e gratuita dei beni collettivi, sia estesa e potenziata.

Quello che invece accade in questa torrida estate sulle nostre spiagge è completamente in controtendenza, ovunque e per qualsiasi cosa si paga profumatamente e con prezzi spesso oltre ogni limite, per un parcheggio assolato, per un bicchiere d'acqua, per un accesso scosceso al bagnasciuga, per una doccia, e , dulcis in fundo, per sccedere ai siti di "balneazione protetta" (stabilimenti) tralasciando i proibitivi affitti di ombrelloni, sdraio, ecc.ecc.

Dove sono i vigili, la polizia, i carabinieri, la finanza, le capitanerie portuali,  perchè non intervengono in questo diffuso sistema di illegalità mafiosa, di sopruso verso coloro che sicuramente hanno il problema di far qualche giorno di vacanza pur salvaguardando la quadratura dei conti? Provate, a fronte di certe richieste più o meno lecite, a richiedere l'intervento delle autorità per verificare la loro fondatezza e vi accorgerete quanto il vostro desiderio di giustizia sia pura utopia.

Ciò detto, la calura imperversa e pertanto me ne vado al mare. A fare il bagno. Alla spiaggia libera.  

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